domenica 31 gennaio 2010
F.Dostoevskij - I demoni [1871]
Da un fatto di cronaca avvenuto in Russia alla fine del 1869, l'uccisione dello studente Ivanov, nacque l'idea di questo romanzo, che Dostoevskij concepì in un momento particolarmente cupo della sua esistenza, tormentato dalle difficoltà economiche e dalla terribile nostalgia per la patria lontana che lo accompagnava durante il suo secondo soggiorno all'estero. Egli individuava nella nuova società colta, abbagliata dal liberalismo e contemporaneamente dalle nascenti teorie positivistiche, la rovina della Russia, caduta in un deprecabile stato di miseria morale. La sua rabbia è diretta verso quei giovani rivoluzionari - i "demoni" del titolo - che intorno al 1870 cercavano di scalzare dal potere i liberali della vecchia generazione, incapaci di rispondere fattivamente alle provocazioni e all'ostilità politica dei cinici e presuntuosi nichilisti. Ciò che sconvolge maggiormente Dostoevskij è l'assenza della fede in Dio, che rende ai suoi occhi del tutto gratuita e immotivata ogni loro pretesa ideologica. Al di là dell'effettivo svolgimento dei fatti - l'assassinio di Ivanov non è in tal senso che un pretesto - ciò che interessa realmente all'autore è esprimere il suo disagio e le sue convinzioni politiche, attraverso un'articolata costruzione narrativa, che sfocia nella definitiva sconfitta dei "demoni" e nella riaffermazione della fede evangelica.
I demoni. Ediz. integrale (Grandi tascabili economici)
sabato 30 gennaio 2010
LC - Meter #4
Riporto la foto di un'altra realizzazione di Capaso LC Meter, questa volta merito di Enrico [IW4CXL].
mercoledì 27 gennaio 2010
domenica 24 gennaio 2010
Radio Caterina [1944]
Radio Caterina è un piccolo ricevitore per Onde Media autocostruito nel 1944 nel campo di prigionia per Internati Militari Italiani di Sandbostel. Riporto un articolo, a mio avviso molto istruttivo, apparso nel numero di novembre 1981 di Radio Rivista, organo ufficiale dell' Associazione Radioamatori Italiani (ARI), dove vengono descritti tutti i passi ed i matriali per realizzare questo ricevitore ad opera di uno dei protagonisti che vissero in prima persona l'esperienza del Lager.
La radio nei Lager
di Ernesto Viganò I2BEV
L'articolo di I8REK [1], apparso sul N. 12 di Radio Rivista del 1980, mi ha riportato alla mente quanto accaduto nel campo di Sandbostel, Stalag X B OE, riservato, con relativo trattamento speciale, agli Ufficiali Italiani che si erano rifiutati di collaborare. La storia ve la racconto io, in quanto ho partecipato a questa impresa, ma il merito deve essere diviso fra tutti quelli che hanno collaborato alla sua riuscita, senza alcuna preferenza. Tutto è iniziato con una valvola 1N5 (altro refuso: si trattava di una 1Q5, n.d.r.), pentodo ad accensione diretta ad alta pendenza che uno di noi era riuscito a nascondere durante le feroci perquisizioni. Tutto il resto del materiale occorrente per fare il classico RX in reazione [2] ce lo siamo letteralmente dovuto inventare di sana pianta. Dolce la vita per REK a trovare materiale e bigriglie! È stato veramente fortunato. Per la costruzione occorrevano: una resistenza da un paio di megaohm, due condensatori fissi da 200 e 2000 pF, uno zoccolo, la bobina col relativo filo, il variabile da 350 o 400 pF, la cuffia e le batterie: 1,5 volt per il filamento ed una quarantina per l'anodica. Di tutto questo: zero. Comunque ci siamo arrangiati e ci siamo riusciti bene. La resistenza, dopo molte prove, è stata costruita con della carta della margarina essiccata sulla stufa con alcune righe fatte con una matita di grafite tenera, due pezzetti di filo treccia luce, sfilata, in contatto con la grafite e ben stretti a due bolli fatti agli estemi delle righe: ha dato buoni risultati. Per i condensatori: le cartine delle sigarette e la stagnola dei formaggini (beati chi li riceveva nei pacchi da casa...), arrotolati stretti, con i soliti due fili in contatto con le armature, il tutto "fritto" nella cera dei moccoli regalati dal Cappellano, con un semplice calcolo per trovare la capacità giusta, hanno funzionato benissimo. Ora il variabile e la cuffia. Se per il primo ci siamo arrangiati con della latta ricavata da scatolette accuratamente ritagliata ed i pezzi appiattiti tra due pietre levigate e strofinati a lungo, con la pazienza e l'ostinazione che solo là si aveva, con sabbia per lucidarli perfettamente, bloccati con chiodi ad una tavoletta di legno usando del cellophan come isolante, ed un pezzo di legno come manopola; per l'auricolare la faccenda si complicava maledettamente. Niente filo sottile o magneti... ma uno di noi si è ricordato di avere uno dei primi rasoi elettrici, il Raselet della Ducati, credo, ed il magnetino del motore è stato fissato in una scatoletta di latta di opportune dimensioni con una legatura e del catrame, abbiamo poi trovato il fondo particolarmente sottile di un'altra scatoletta per la membrana, fissata alla prima per mezzo di intagli sul bordo piegati alternativamente, il tutto ha funzionato perfettamente con una, direi ottima sensibilità. Lo zoccolo è stato costruito con un pezzo di masonite e ritagli di latta da uno di noi che era orologiaio di professione; era di una precisione inaudita pensando che gli unici strumenti usati erano un temperino, una forbice tipo militare ed una lametta da barba. Passiamo ora alla bobina, necessariamente a variometro per regolare la reazione. Per il supporto: un portasapone da barba cilindrico in bakelite stampata è stato facile trovarlo, ma il filo? E qui abbiamo fatto una beffa ai tedeschi che avrebbe potuto costarci molto cara C'era il sergente addetto alla posta che girava per il campo, che era piuttosto vasto, con la bicicletta munita di fanalino, ed avevamo anche osservato che non la usava mai di notte. Per farla breve: due di noi, litigando ed inseguendosi hanno urtato malamente il teutone facendolo quasi cadere; questi, infuriato, ha appoggiato la bici alla baracca e li ha presi per il collo portandoli di peso nella baracca del comando per punirli, mentre noi con un ben organizzato QRN e QRM [3] distraevamo le sentinelle sulle torrette, "qualcuno" ha tolto la dinamo alla bici, l'ha smontata, ha tolto il filo e, rimontata, l'ha messa a posto. Eravamo persuasi che a casa non saremmo più tornati, è stata una vera pazzia che poteva costarci cara, abbiamo arrischiato e ci è andata bene. Non bisogna dimenticare che eravamo in un campo di punizione. Ora le batterie. Se per la bt. [4] è stato facile trovare come REK gli avanzi delle pile dei nostri angeli custodi, per l' anodica la faccenda era più complicata. Ma ci siamo ricordati che un certo Volta aveva inventato la pila a colonna ed allora con dei dieci centesimi in lega ricca di rame, che ci eravamo fatti lasciare col pretesto di giocare a dama, dei dischetti di zinco dei lavatoi (che ci hanno anche fornito lo stagno per le sadature usando la cera dei moccoli come pasta salda) e dischetti ritagliati dalle coperte ben impilati ed immersi in acido acetico della cucina od in orina fatta bollire e fermentata per renderla acida, abbiamo ottenuto la tensione anodica necessaria. L'erogazione durava poco per la mancanza di depolarizzanti, ma quanto bastava a captare le notizie. Così Radio Caterina, dal nome della fidanzata di uno di noi, ha potuto far udire la sua flebile voce e darci la forza di resistere e di sopravvivere. Per rinnovare la batteria anodica ci voleva quasi una giornata di lavoro e anche questo ci aiutava a tirare avanti. Ricordo dopo la liberazione, le esclamazioni dei colleghi OM alleati [5], (che poi ci hanno riempito di materiale!), rigiravano in mano il nostro "miracolo" stupiti e non sapevano far altro che dire: "astonishing! formidabile!", dopo averlo sentito per l'ultima volta funzionare [6]. Ora chi la volesse andare a vedere, si trova presso il Museo dell'internato in Germania, a San Giovanni in Terranegra, vicino a Padova, dove l'ho rivista con commozione tempo fa. Nella sua vetrina, forse penserà che più delle batterie, a farla funzionare è stata la forza della nostra disperazione. Ma soprattutto a noi, tutti, è rimasta la grande soddisfazione di averla fatta in barba ai nostri custodi e di essere riusciti, con mesi di lavoro, a creare praticamente dal niente un qualcosa di veramente ben funzionante. Posso solo aggiungere che l'apparecchio è stato "contrabbandato" fino al campo di Fallingbostel, smontato, e anche là ha fatto impazzire i tedeschi, idrofobi per le notizie diffuse giornalmente, nonostante le loro affannose ricerche, ma questo ve lo racconterò un'altra volta.
Ernesto Viganò I2BEV
Note:
[1] I8REK è il nominativo assegnato a Archimede Mingo dal Ministero delle Comunicazioni, da utilizzare per tutti i collegamenti radio. Più avanti Viganò utilizzerà il solo suffisso REK, per brevità.
[2] RX: ricevitore.
[3] QRM e QRN sono disturbi nella ricezione dei segnali radio che ne rendono difficile la comprensibilità. Il QRN è di origine atmosferica (temporali o rumore naturale), il QRM è generato dalle attività umane (scariche elettriche di apparecchiature come boiler, per esempio).
[4] bt. = batteria. In questo caso si intende per l'accensione dell filamento della valvola, che richiede una ulteriore sorgente di alimentazione che generalmente si ottiene dalla rete elettrica con un trasformatore (non disponibile a Sandbostel).
[5] OM = Old Man (radioamatore).
[6] Dopo la liberazione fu realizzato un impianto di diffusione sonora all'interno del Lager, Radio B90. Non si trattava di una vera e propria radio, quindi, ma durante una delle prime "trasmissioni" (o forse la prima?), fu utilizzata per far sentire a tutto il campo la voce della "Caterina".
[1] I8REK è il nominativo assegnato a Archimede Mingo dal Ministero delle Comunicazioni, da utilizzare per tutti i collegamenti radio. Più avanti Viganò utilizzerà il solo suffisso REK, per brevità.
[2] RX: ricevitore.
[3] QRM e QRN sono disturbi nella ricezione dei segnali radio che ne rendono difficile la comprensibilità. Il QRN è di origine atmosferica (temporali o rumore naturale), il QRM è generato dalle attività umane (scariche elettriche di apparecchiature come boiler, per esempio).
[4] bt. = batteria. In questo caso si intende per l'accensione dell filamento della valvola, che richiede una ulteriore sorgente di alimentazione che generalmente si ottiene dalla rete elettrica con un trasformatore (non disponibile a Sandbostel).
[5] OM = Old Man (radioamatore).
[6] Dopo la liberazione fu realizzato un impianto di diffusione sonora all'interno del Lager, Radio B90. Non si trattava di una vera e propria radio, quindi, ma durante una delle prime "trasmissioni" (o forse la prima?), fu utilizzata per far sentire a tutto il campo la voce della "Caterina".
Altre interessanti informazioni: http://www.radio-caterina.org/
sabato 16 gennaio 2010
Doom - il film
Oggi mi sono guardato la versione cinematografica di uno dei più belli ed avvincenti videogiochi con i quali mi è capitato di confrontarmi tanto tempo fa. Si tratta di Doom, il famoso gioco della ID-Software, capostipite di molti giochi sparatutto (tecnicamente FPS - First Person Shooter) dove ci si poteva sentire proprio "dentro" la scena, grazie ad una tecnica innovativa di gestione degli ambienti tridimensionali e della rigenerazione delle texture, adottata per la prima volta proprio dalla famosa software house. Questa tecnica è stata in realtà utilizzata anche per il precursore di Doom, ovvero Wolfenstein 3d, che con questa novità diventarono, più che dei giochetti, quasi dei prodotti di realtà virtuale. Tornando al film devo dire che me la sono spassata proprio e che le scene in soggettiva mi hanno fatto ricordare le nottate passate davanti al PC per arrivare alla fine delle varie missioni del gioco. Quando poi è stato iniettato al protagonista il C-24 che lo ha reso potente, mi sono ricordato addirittura i codici "segreti" da digitare durante le partite per otterene l'invulnerabilità e le munizioni infinite: IDDQD e IDKFA; li ho battuti talmente tante volte che ormai non mi si tolgono più dalle meningi!
giovedì 14 gennaio 2010
Protezione contro le inversioni di polarità
Un lettore del blog mi ha chiesto un circuitino semplicissimo per evitare che accidentali inversioni di polarità possano danneggiare un carico collegato ad una sorgente di tensione continua. La soluzione che propongo è realizzata con un diodo ed un relè con bobina in continua collegato come illustrato nello schema seguente. Il diodo D attiva la bobina del relè RL solamente se la polarizzazione è coerente con la polarità della tensione che si vuole fornire al carico e una volta attivato il relè tale tensione viene trasferita, tramite i contatti dei due scambi, al carico. In caso contrario (cioè quando la polarità delle tensione di ingresso è invertita) la bobina del relè non viene attraversata da corrente in quanto il diodo risulta polarizzato inversamente e quindi gli scambi si trovano nella posizione di riposo mantenendo scollegato il carico che risulta quindi protetto dalla tensione potenzialmente dannosa. Questa soluzione consente di proteggere carichi anche molto elevati senza bisogno di utilizzare grossi diodi rettificatori: la portata del circuito infatti è definita dalla capacità dei contatti del relè impiegato. Lo schema proposto attiva anche un led (R, L) quando la polarità è invertita, informando che il carico non è sotto tensione.
domenica 10 gennaio 2010
Regolatore di tensione shunt
Curiosando nei miei vari raccoglitori di schemi e appunti mi sono imbattuto nell'archivio contenente i lavori svolti molti anni fa durante uno stage presso l'Aprila, famosa Casa costruttrice veneta di motoveicoli. Tra le varie cose ho scovato anche un semplicissimo regolatore di tensione di tipo shunt (parallelo) che intendo utilizzare per un piccolo generatore eolico che vorrei provare a realizzare. Il funzionamento del circuito è molto semplice e consiste nel mandare in conduzione dei diodi SCR una volta raggiunto il valore di tensione massimo voluto all'uscita del dispositivo. A questo scopo servono il diodo zener da 6,8V ed il partitore resistivo R1 e R2 (con rapporto 1/2): quando infatti viene raggiunta la tensione di circa 14V la tensione su DZ è circa quella di zener e quindi il diodo inizia a condurre accendendo di conseguenza la catena di transitor Q4 e Q5 che infine innescano i 3 diodi Scr Q1, Q2 e Q3. La conduzione di questi elementi (lo shunt appunto) abbatte la tensione ai capi del raddrizzatore limitandone il valore come voluto. L'efficienza di questo tipo di regolatori è molto bassa, ma consente molto rapidamente e con poca spesa di caricare delle batterie al piombo indipendentemente dalla velocità alla quale ruota il generatore.
venerdì 8 gennaio 2010
Recensione Peterbilt 379 su Paper-replika
Oggi ho scoperto che il mio modello di Optimus Prime è stato recensito sul sito Paper-replika.com dove sono state anche pubblicate diverse foto nella gallery. Sono particolarmente orgoglioso di questo evento perché Paper-replika.com sta diventando sempre più ricco di modelli e di notizie sul questo particolare tipo di hobby e l'autore, Jules, sforna modelli ad una velocità impressionante. Spero a breve di riuscire a realizzare qualche altro soggetto, magari qualcosa relativo al mondo della fantascienza.
mercoledì 6 gennaio 2010
G. Lucas - Star Wars [1977-2005]
Durante queste festività natalizie mi sono gustato interamente l' esalogia di Guerre Stellari, la saga creata da George Lucas. Ho guardato gli episodi nell'ordine con il quale sono usciti nelle sale e cioè prima la trilogia classica (episodi 4, 5 e 6) e successivamente il prequel (ep. 1, 2 e 3). Gli episodi della trilogia classica avevo già avuto modo di vederli diversi anni fa, tanto che molte scene e personaggi non me li ricordavo più, mentre il prequel è stato per me una novità. Con tutti i mezzi fantascientifici volanti e terrestri che ho visto mi sa che forse ci scappa qualche modellino a tema...
lunedì 4 gennaio 2010
F.F.Coppola - Apocalypse Now [1979]
Oggi sono riuscito a guardarmi tutta la versione originale di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola. Devo dire che sapevo di questo film solamente per il nome leggendario, ma non ne conoscevo la trama, i personaggi né il cast (a parte Marlon Brando del quale rimane famoso il compenso ottenuto per partecipare a questo film). Una cosa mi ha impressionato: già dalle prime inquadrature della risalita del fiume da parte della barchetta dei protagonisti sentivo rievocare le atmosfere di un romanzo letto molto tempo fa ad opera di uno dei miei autori preferiti. Si tratta di Cuore di tenebra di J. Conrad. La cosa particolare è che ho saputo dopo che il film era stato liberamente tratto proprio da questo romanzo! Dovevo capirlo prima anche per il fatto che il nome del protagonista è lo stesso di quello del libro, forse la mia memoria incomincia a far cilecca...
domenica 3 gennaio 2010
Oddino Guarnieri: Tracce d'inizio
Oddino Guarnieri è certamente uno dei pittori più famosi e prolifici nel panorama italiano dell’ultimo cinquantennio. Egli ha interagito con innumerevoli personalità sia in ambito artistico sia nel campo della critica e le sue opere si trovano tra le maggiori collezioni pubbliche e private italiane ed estere. Ma per giungere ad essere l’artista che noi oggi stimiamo, anch’egli ha dovuto attraversare un periodo di intensa e affascinante gavetta. A conferma di quanto scritto, basta osservare i primordi della sua carriera, rappresentati da alcune tavole riemerse dopo sessanta anni, per vedere come, fin dalle prime pennellate, emergono chiaramente dei tratti distintivi che diventeranno le costanti del suo essere pittore. Dipinti su tavola tra il 1949 e il 1952, questi podromi sono opere nate da riflessioni e studi che il giovane Guarnieri ha compiuto dopo aver visto, in compagnia del maestro Ugo Boccato (pittore attivo durante il secondo dopoguerra), la grande mostra parigina dedicata a W. Kandinsky. Da essi si può notare come l’artista fin da allora sia immerso in sperimentalismi culturali e tecnici in cui si manifesta la sua forte gestualità costituita da una fusione di istinto e ragione, sospinta dal piacere della scoperta e dal desiderio di andare oltre il contingente. Il primo dipinto, risalente al 1949, rappresenta un ambiente domestico. In esso il realismo colloquiale e quotidiano, quasi compassato, degli arredi e del mobilio è già percorso da quell’ansia pittorica che esploderà nella maturità dell’artista: il colore, steso sia con campiture corpose e intense sia con strisce luminose, si trasforma da elemento visivo a mezzo di indagine psico-analitica interiore sul soggetto. Seguono poi altre quattro opere (rispettivamente del 1950, del 1951 e due del 1952) nelle quali Guarnieri, rapito dalla sua voracità culturale, sente la necessità di confrontarsi con gli esiti delle avanguardie quali l’astrattismo e il futurismo. Nascono perciò delle “prove di studio”, come le definisce egli stesso, con cui si concretizza l’evoluzione del concetto di colore, ora inteso non solo come indagine ma anche come veicolo di espressività ed emotività. Esso dunque assume una nuova specificità capace di narrare le storie, le passioni e le riflessioni dell’uomo contemporaneo traslando l’obbiettivo dal soggetto al concetto. Il pigmento, scorrendo e scattando sulla tela, nell’incresparsi, nel raggrumarsi e nello sfilacciarsi crea accostamenti cromatici, talvolta dallo spessore tridimensionale (come si vede in alcune gocce di materia presenti sul supporto), che danno vita a evoluzioni centriche, forme geometriche, quali triangoli e cerchi, capaci di generare movimento visivo e coinvolgimento. Seppur siano considerati dal pittore stesso degli studi, questi lavori sono, come si accennava poc’anzi, organizzati e calibrati secondo una logica creativa in cui anche l’atto pittorico risponde ad una analisi ricca di significati sensibili che esploderà in seguito.
Siro Perin
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