Sebbene sia un artista schivo e riservato, lontano dai frastuoni, talvolta sclerotizzati, della cultura contemporanea, Ben Ormenese nel corso della sua lunga carriera ha sempre lavorato incessantemente, dedicando tutta la sua vita all'arte. Uomo raffinato e colto, ha prodotto sculture, pitture e “pitto-sculture” per mezzo delle quali, grazie alla sua duttilità, alla sua capacità tecnica e all'utilizzo delle più disparate tipologie di colori e materiali (legno, cartone, lamelle, perspex e altro) ha sondato e percorso le tematiche dell'arte che più lo hanno coinvolto. Spiccano, tra le altre, il dinamismo, il luminismo, gli effetti della luce da e verso l'opera, il cromatismo dei pigmenti, le relazioni tra seconda e terza dimensione, il rapporto pieno vuoto, il plasticismo.Ricercatore fantasioso, arguto, complesso ed instancabile, sempre proteso all'oltre, Ormenese nel corso della sua attività intellettuale ha sempre mantenuto ferme alcune modalità, provenienti sia dalle sue innate capacità sia dal suo pregresso biografico, le quali lo hanno sempre contraddistinto: prima di tutto la progettualità, intesa come studio sulle possibilità di attuazione e di esecuzione; la versatilità, necessaria per le compenetrazioni tra tecniche e materiali; l'armonia, intesa come accordo di ritmo delle tensioni generate dai colori, dalle linee, dalle forme e dai materiali che compongono i vari elementi della creazione; il rimando ad una geometricità architettonica percepita come metodo sistematico per la costruzione formale e strutturale dell'opera; l'estremo equilibrio, interpretato come assetto organico di un organismo unico, derivante dalla compensazione delle singole peculiarità interne; i dialoghi artificiosamente naturali che l'opera costruisce all'interno di se stessa e con lo spazio che la circonda. L'opera d'arte dunque in Ormense non è un luogo dove si sostanzia un soggetto, ma è il soggetto vero e proprio, nel quale i rapporti tra spazio, luce, forma e struttura sono da un lato pretesto per l'analisi, dall'altro, mezzi necessari alla costruzione del costrutto stesso. Tali modalità operative danno luogo a veri e propri cicli di esperimenti nei quali Ormernse indaga un determinato tema in modo analitico sino a che quest'ultimo non lo soddisfa, come testimoniano le serie di “Fluttuazioni” e “Teatrini”. Proprio uno di questi percorsi tematici è il fulcro sul quale verte la presente mostra a Marcon, in contemporanea con l'esposizione antologica presso i Musei Civici di Santa Caterina a Treviso, dal 13 novembre 2010. Le opere esposte, sempre intrise di euritmie bilanciate e proporzionate, se interpretate in metafora, si trasformano in una narrazione ad intreccio dalla quale emerge non una sola storia ma un insieme di vicende soggettive ed oggettive che coesistono nei medesimi spazi e tempi. Tale coralità, espandendosi dal racconto perché privo di un inizio e di una fine, permette all'osservatore una lettura capace di gradare dall'insieme al particolare e viceversa, e perciò di divenire padrone del proprio percorso visivo ed interpretativo. Per dar vita alle sue originali creazioni, Ormenese affianca a questa particolare tipologia narrativa l'utilizzo di un eclettico strumento di scrittura: il bisturi. Quest'ultimo, nella mano del maestro, muovendosi con perizia chirurgica, incide, riga e strappa il supporto nero, facendo emergere materiale sottostante di diversa pigmentazione. Questa “calligrafia” talvolta dai tratti calcografici e talora scultorei, rende possibile la creazione di forme e di figure composte da un colore solido teso ad esaltare il dato espressivo dello “scritto”e perciò renderlo ancora più coinvolgente agli occhi dell'osservatore.
Siro Perin
Nessun commento:
Posta un commento