Accadde una volta, nel 1955, che Faulkner fosse preso da una furia memorabile in conseguenza della caccia che i giornali americani stavano dando a fatti della sua vita privata (soprattutto amorosa). Così, per questa unica occasione, Faulkner si lanciò in un pamphlet micidiale, che investe non solo la stampa americana e la macchina dei media – da lui quotidianamente subìta a Hollywood – ma l’intero «sogno americano». Nella parola privacy, infatti, come sappiamo oggi in maniera più chiara che mai, si addensano tutto il peggio e tutto il meglio della società democratica, e in particolare di quella che conserva il sigillo delle origini americane. Da una parte il culto dell’individuo, realtà ultima e non scalfibile; dall’altra la disponibilità di ogni aspetto della vita del singolo al consumo vorace della società stessa, qualora la libido del Grande Animale lo richieda. Al pari degli oratori antichi, Faulkner riesce a far trasparire, dietro il caso specifico, l’enormità della posta in gioco. Ma nessuno degli oratori antichi avrebbe osato servirsi, come lui osò fare nella circostanza, di una tale maestosa prosa alluvionale, simile al ritmo del delta del Mississippi.
Privacy. Il sogno americano: che cosa ne è stato? (Piccola biblioteca Adelphi)
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