domenica 14 febbraio 2010

Carlo Gubitosa - Elogio della pirateria [2005]

Chi sono i pirati? Gli "eroi" come il Corsaro Nero per cui facevamo il tifo da piccoli, oppure soggetti che -ci dicono da grandi- sono sovversivi perché condividono musica e software? Questo libro racconta dieci storie di "eretici postmoderni" che si oppongono al dio-profitto: dai pirati dell'etere agli hacker americani da cui è nato l'open source, dai pirati della salute contro i brevetti sui farmaci ai writer urbani: dieci pratiche per salvare la nostra cultura da una precoce morte cerebrale.

Oggi la stampa e le multinazionali del software associano al termine “hacker” attività criminali o sovversive, ma nella sua accezione originale questo appellativo è stato coniato all’interno del Mit per indicare appassionati di matematica, logica ed elettronica capaci di penetrare nel cuore delle nuove tecnologie dell’informazione, persone in grado di usare allo stesso tempo il saldatore, l’oscilloscopio e i linguaggi di programmazione di basso livello per trovare soluzioni eleganti ed efficaci per i loro programmi, in una gara continua per riscrivere lo stesso algoritmo utilizzando una riga di codice in meno. In questo ambiente creativo e libero vengono sviluppate tecniche informatiche e programmi che ancora oggi sono correntemente utilizzati. Ogni hacker del Mit usava il codice degli altri come punto di partenza per una continua rincorsa al miglioramento del software, e incarcerare i programmi nella gabbia del copyright è una possibilità che non viene nemmeno presa in considerazione. Un “buon hackeraggio” per essere tale deve essere libero. Ogni programma realizzato è aperto ai miglioramenti degli altri, in un processo di perfezionamento continuo e collettivo di tutte le reazioni dalla prima comunità hacker.

Tutto comincia quando John Draper, un hacker statunitense passato alla storia con il nome di “Capitan Crunch”, incontra Dennie, un ragazzo cieco appassionato di telefonia che mostra al “Capitano” come si possono riprodurre i toni utilizzati dalle centrali telefoniche utilizzando il suo organo Hammond. Dennie sa che Draper è un ingegnere elettronico, e gli propone di costruire un circuito con il quale generare gli stessi toni per effettuare telefonate interurbane gratuite, sfruttando i punti deboli delle centrali telefoniche. Tornando a casa, Draper inizia a costruire un rudimentale dispositivo di trasmissione multifrequenza che più avanti verrà battezzato “Blue Box” (scatola Blu), proprio perché i primi, rudimentali circuiti realizzati per il “Phone Phreaking” erano confezionati in modo tutt’altro che professionale, e venivano impacchettati all’interno di normali scatolette colorate. Grazie alla sua invenzione l’ingegnere Draper si trasforma in “Capitan Crunch”, un pirata dell’era moderna che diventa il riferimento di un gruppo di ragazzi con lo stesso problema di Dennie, e che grazie alle Blue Box riescono a “navigare” gratuitamente nella rete telefonica alla ricerca di contatti umani, di nuove voci e suoni con i quali riempire il buio. John Draper deve il suo nome di battaglia ai cereali “Capitan Crunch”: in ogni confezione era contenuto un fischietto omaggio che riproduceva casualmente la nota con la frequenza di 2600 Hertz necessaria negli Stati Uniti per “ingannare” le centrali telefoniche ed evitare l’addebito delle chiamate. Le leggende apocrife nate attorno a questo personaggio narrano di telefonate intercontinentali gratuite effettuate con il solo uso del fischietto, ma sono i circuiti elettronici creati da Draper, e non il fischietto che lo ha ribattezzato, la vera chiave che apre le porte della rete telefonica mondiale a chi è abbastanza coraggioso da sfidare le ire delle grandi compagnie telefoniche. Il termine Phreaking nasce dall’unione dei telefoni (PHone) con le attività dei geniali “fricchettoni” (fREAKs) che si sono divertiti a smanettare (hacKING) sulla rete telefonica, per scoprirne misteri e debolezze. Questi avventurieri degli anni ‘70 non erano guidati dalla voglia di risparmiare qualche gettone: lo scopo dei loro giochi fuorilegge era una inestinguibile sete di conoscenza. “Freak” è un termine che indica le persone strane, i “diversi”, chi esce in qualche modo dagli schemi condivisi di “normalità” o non si attiene alle regole in vigore, e a pensarci bene Draper e i suoi ragazzi sono proprio una meravigliosa icona di questa diversità incompresa, un promemoria vivente che ci ricorda quanta genialità e quanta arte si possono nascondere dietro la disabilità e dietro la tecnologia.


Questo passo mi ha fatto ricordare che molto tempo fa ero abbonato ad una rivista americana di elettro-smanettoni che si chiamava proprio 2600: devo averne anche qualche numero in giro per casa, chissà se esite ancora...

Elogio della pirateria. Dal Corsaro Nero agli hacker, dieci storie di ribellioni creative (Altreconomia)

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