Nell'inverno 1880-81, durante il primo lungo soggiorno genovese, Nietzsche dette forma definitiva ai pensieri che, via via, aveva annotato nel corso dell'anno precedente, tra Naumburg e Riva del Garda, Venezia e Marienbad, ancora Naumburg e Stresa: il primo anno "errante", dopo le dimissioni dall'università. Furono mesi, nella fredda mansarda genovese, di grande solitudine e raccoglimento. Il pathos di questo periodo si esprime principalmente in quella che Nietzsche chiama la "passione nuova" ("Passio nova", come titolo da dare all'opera nascente, torna spesso negli appunti preparatori di Aurora), cioè la "passione della conoscenza". Se Umano, troppo umano celebra l'avvenuta liberazione dello spirito, Aurora è un inno alla passione della conoscenza: tra i due momenti vi è affinità e continuità, ma mentre Umano è ancora "il monumento di una crisi", cioè l'espressione del distacco senza ritorno dagli ideali decadenti ed estetizzanti, che per Nietzsche d'ora in poi si esprimeranno nel binomio Wagner e Schopenhauer, Aurora ci fa sentire un Nietzsche che ha preso ancora più saldamente possesso di se stesso e ha scoperto il suo "compito" nell'esercizio eroico della conoscenza.
"Ma se si prende congedo da questo libro portando dentro
di sé un'ombrosa prudenza verso tutto quanto fino a oggi è stato onorato e
perfino venerato sotto il nome di morale, ciò non contraddice al fatto che in
tutto il libro non si scopre una parola di negazione, un attacco, una malignità
- esso piuttosto riposa al sole in mezzo agli scogli, rotondo e beato come un
animale marino. In fondo ero io stesso quell'animale marino". (Nietzsche)
Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali (Piccola biblioteca Adelphi)
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