Oddino Guarnieri è certamente uno degli artisti più importanti e valenti del panorama pittorico italiano e internazionale e per averne la conferma basta leggere la sua poderosa biografia. Durante la sua attività egli è stato vicino a maestri come Cadorin, Cesetti, Pedrocco, Vedova, Fontana, Crippa, Dova , Scanavino, e molti altri, nonché partecipe di maggiori centri di riflessione artistica dell’ultimo cinquantennio dell’arte del Novecento. Queste amicizie e queste frequentazioni, hanno contribuito ad arricchire l’arte di Guarnirei, tanto che egli stesso definisce i una sorta di percorso educativo funzionale per il suo agire.
Il suo fare artistico si fonda sulla sua necessità di dar sfogo alle sue emozioni, ai suoi sentimenti più profondi e nel tentativo di liberarsi dalle brutture della vita per giungere così al bene supremo. Per sviluppare di sua realtà interiore (afferma Guarnirei), egli non ha esitato a servirsi delle più svariare tecniche pittoriche, quali ad esempio la vigorosa gestualità espressionista o le riflessioni intellettuali dello spazialismo. Le sue opere partono perciò da un’intensa pennellata di colore sul supporto bianco, sulla quale si costruiscono, con meditata e magistrale armonia discorde delle cose, , riflessioni emotive e intellettuali, analisi sociali e disagi, espressi talvolta con forte irruenza e rotture formali. Ma da questi miasmi pigmentasi così pregni, si intravede sempre una via d’uscita: il bianco col suo respiro ci induce alla speranza.
Tale concezione intellettuale e tecnica, compare allo stato embrionale già nei primi esordi di matrice naturalistica: gli accesi cromatismi, sono fin da ora la manifestazione di un’interiorità attratta dai contrasti e dalle tematiche umane, nelle quali si intravvedono i preludi di volumetrie che saranno uno dei cardini del suo futuro fare pittorico.
Durante gli anni sessanta, le forti ed istintive gestualità usate da Vedova, nelle opere di Guarnieri, si traducono in più compositi e riflessivi esiti interiori, fusi alla contemporaneità, rappresentata da Giornali e quotidiani, e sottolineati dalla concretezza oggettuale di carte o altri materiali, che ne denunciano il pacato ma fermo intento sociale, capace di rendere visibili sentimenti, pulsioni, riflessioni, desideri, memorie dell’uomo..
Successivamente l’operare di Guiarieri si incammina verso nuovi risultati sempre più vicini alla realtà concreta di un periodo che incentra nella tecnologia fiduciose, ma talvolta idiote, speranze nel futuro. Nasce così il ciclo dei robot: dipinti in cui si catalizzano opalescenti immagini simboliche dagli argentini cangiantismi che se da un lato mostrano la relazione uomo-tecnologia, dall’altro denunciano non solo le disfunzioni di tale rapporto, ma anche le storture delle vita quotidiana.
E chiaro che questa analisi socio-culturale, viene proseguita sempre più con maggiore impegno e concretezza dall’artista, il quale giunge così a scoprire e denunciare l’ormai galoppante incomunicabilità contemporanea dell’ arte, talvolta priva di sedimentazione intellettuale e i disagi e le tensioni che essa provoca.
Gli anni settanta, vedono Guarnieri sublimare la tagliente simbologia robotica, per incamminarsi verso la geometrizzazione del colore che ora si delinea in forme semplici e primordiali che si stagliano su compatte superfici monocromatiche: si creano così degli ambienti in cui le nuove “figure” geometriche diventano simboli e strumenti di comunicazione che travalica il significato per divenire significante delle “cose “umane. Il pigmento dunque non è mai steso casualmente, ma al contrario esso é sapientemente orchestrato, per creare sovrapposizioni e accostamenti tese a dar vita a delicate velature o statici raggrumi, dal piglio purista, rotte da inattese linee che fungono da contrappunto invitano e perciò invitano ad una maggiore e più attenta riflessione interiore contenutistica, comunicativa e sociale. E attraverso lo sperimentalismo, il pittore giunge a costrutti sempre più complessi, nelle quali si intersecano immagini di giornali del tempo e assemblaggi vari. E’ proprio su questa continua ricerca si aprono gli anni ottanta: il colore steso omogeneamente sulla tela, divenendo quinta scenica, fa da sfondo al teatro della vita che scorre.
Inaugurando gli anni novanta, Guarnieri lentamente scioglie le sue opere dalla geometria e dagli stralci di contemporaneità, incentrandosi su un colore più fluido, che sembra far intravvedere un positivo sentimentalismo. La sua matrice tonale, per altro mai sopita,lentamente riemerge. Ora l’immagine concreta, deborda dai suoi limiti concreti e diventa emulsione, coagulo, calligrafismo, segno, rigagnolo di solo pigmento che racchiude in sé un’esplosione sensazioni ed emozioni. E’ chiaro che il colore, sebbene nasca dalla poderosa istintività di Guarnieri, segue disegni ideali precisi e impercettibili equilibri sia cromatici sia spaziali, che testimoniano un operare sapiente e rigoroso, mai scontato e occasionale, in grado di rappresentare le immagini dell’Io più profondo. Questa sua nuova produzione apre il secondo millennio: l’artista è intento a indagare la libertà del colore , la gioia del dipingere. Sgocciolature, macchie, sovrapposizioni e accostamenti tra velature d’acquarello e grumi dei pastelli e oli, applicazioni di sete giapponesi sono un edulcorato sfogo del pittore. Gli ultimi lavori, sebbene manifestino sempre una forte carica passionale di Guarnieri, narrano della sua ricerca tutta incentrata sui sentimenti più profondi, liberi dalla razionalità, e accarezzati da una pulsante vitalità, protesa verso il futuro.
prof. Siro Perin per il CapasoBlog