sabato 30 aprile 2011

Come la tv danneggia le facoltà mentali

Riporto un articolo, a mio avviso molto interessante, relativo agli effetti che la televisione, i videogames e i nuovi media possono avere sugli individui, soprattutto su quelli molto giovani. Mi ha colpito soprattutto perché l'autore spiega in maniera molto chiara ed efficace delle situazioni che mi capita sempre più frequentemente di constatare di persona. I corsivi e i grassetti sono miei. Buona lettura. 

Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante l’addestramento (famigliare, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.

Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games. Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).

Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290). Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293). I nostri cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata. Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità sottrattiva) (pag. 288). Per tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano, che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi” neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e orientali (pagg. 298-304).

Dopo tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e di controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza. Ogni ora passata alla tv a quell’età comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307). La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E l’introduzione di computers in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.

Notevole è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì per primo Marshall McLuan ("Il medium è il messaggio"). Il medesimo testo è processato diversamente dal cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).

“Molto del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music videos e i computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura crescente. Video games, come pure il porno in Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa cerebrale.” Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo fuoco) mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.

Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei media. E’ la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto. La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi.

La tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli spot pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione di orientamento senza recupero. Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura, conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag. 309-310). In sostanza, la televisione rende la gente al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento. Diventa quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.

Va inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi scritti. Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.

Ovvia misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio presente che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione.

mercoledì 27 aprile 2011

Paper Model - Armatura medievale

Questo post è dedicato ad un semplice paper model che mi ha impegnato negli ultimi due giorni: una bella armatura proveniente direttamente dall' Età di Mezzo. Non sono riuscito ad identificare esattamente il periodo storico di fabbricazione né tanto meno i personaggi che le indossavano. La caratteristica interessante di questo modello, oltre a quella di essere composto da un solo foglietto A4, consiste nel fatto che è stato interamente disegnato a mano e colorato con gli acquerelli, come si nota bene dalle decorazioni sulla lamiera e dai particolari di cuoio. Visto che non sta autonomamente in piedi ho anche realizzato un semplice piedistallo con uno spiedino e un dischetto di cartone.








lunedì 25 aprile 2011

I numeri metallici

Durante le mie letture a volte mi capita di incontrare qualche argomento curioso relativo al mondo della matematica e ai numeri in particolare. Recentemente  mi sono imbattuto nei Numeri Metallici e ho deciso di approfondire un po' la natura di questi oggetti.
I Numeri Metallici si definiscono in modo algebrico come le soluzioni positive di equazioni di secondo grado del tipo:
dove p e q sono numeri naturali che formano i diversi componenti della famiglia.
Se p=1 e q=1 abbiamo come equazione e relativa soluzione positiva:

ovvero il numero d'oro (aureo).
Se p=2 e q=1 abbiamo invece:

la cui soluzione prende il nome di numero d'argento.
Se p=3 e q=1 (M) e la sua relativa soluzione positiva sono:

noto come numero di bronzo.
Considerando infine p=4 e q=1 abbiamo:
soluzione che prende il nome di numero di rame.
Un Numero Metallico può anche essere scritto sotto forma di frazione continua, ovvero come una espressione del tipo:
Qualsiasi numero irrazionale che contenga una radice quadrata si può esprimere sotto forma di frazione continua e in particolare le soluzioni di un'equazione del tipo x2-bx-1=0 è una frazione continua di periodo b:


Per i numeri razionali la frazione continua equivalente è finita come ad esempio:

Per i Numeri Metallici si ha infine:

Di questi numeri il più noto ed utilizzato è senza dubbio il numero aureo F (iniziale di Fidia, l'architetto greco che progettò il Partenone di Atene) che possiede moltissime proprietà interessanti alle quali magari dedicherò un altro post.

sabato 23 aprile 2011

W. Faulkner - Zanzare [1927]


New Orleans, un'estate degli anni Venti. Patricia Maurier, matura mercante, invita a una gita di piacere su un panfilo un gruppo di artisti, intellettuali e alcuni giovani, fra cui la tremenda nipote Pat - tipica ragazza emancipata e viziata - e la paciosa, bionda Jenny, di cui tutti gli uomini subiranno il fascino. Durante i quattro giorni sul lago, scanditi dagli attacchi delle zanzare, ciascuno persegue le sue fissazioni, si tratti di alcool, sesso, critica sociale o letteraria. Il Nausikaa intanto si incaglia, come l'ingranaggio della vita a bordo, e Pat tenta vanamente una fuga romantica nella palude con il cameriere. L'epilogo della vicenda si svolge nei bassifondi di New Orleans, dove i protagonisti alla fine si perdono.


Zanzare (Einaudi tascabili)

venerdì 22 aprile 2011

Paper Model - Intervista al Capaso su Manzinga World


Un po' di tempo fa mi è stato chiesto di raccontare brevemente la mia attività di paper-modellista in un forum che riunisce altri appassionati di questo hobby. Per chi volesse leggere queste brevi considerazioni può fare un giro su Mazinga World, dove dovrebbe essere ancora raggiungibile il testo dell'intervista.

Paper Model - Jeep Willys MB

Pubblico le foto dell'ultimo modello che ho realizzato: una Jeep Willys MB in scala 1:24. Il progetto è molto semplice ed è costituito da soli 3 fogli A4. Le parti un po' noiose e ripetitive sono come al solito le 5 ruote. Questo modello l'ho scaricato diversi anni fa dal link seguente:
http://3dpapermodel.w-web.com/3dpms/civi/civi.html
Su Wikipedia ci sono un po' di informazioni interessanti su questo veicolo militare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Utility_truck_%C2%BC_t_4x4_Jeep








mercoledì 13 aprile 2011

A. Camilleri - La gita a Tindari [2000]


"Autocontrollo? Mancanza di sensibilità. No, certamente la ragione era più semplice: la differenza d'età. Lui era un cinquantino e Mimì un trentino. Augello era già pronto per il 2000 mentre lui non lo sarebbe mai stato. Tutto qua. Augello sapeva che stava naturalmente trasendo in un'epoca di delitti spietati, fatti da anonimi, che avevano un sito, un indirizzo su Internet o quello che sarebbe stato, e mai una faccia, un paro d'occhi, un'espressione. No, troppo vecchio oramà". Sta invecchiando il commissario Montalbano? No, non e' questo. E' l'amarezza per un caso dai retroscena sconcertanti e orrendi. E' il saluto del nuovo secolo a questo Maigret siculo, più colto, più teso e irregolare (più "nirbùso e squieto" direbbe Camilleri, nella sua lingua giocosamente protesa alla ricerca della musica più antica dell'italiano). Egli indaga tra l'immaginaria Vigàta e Tindari, il promontorio a picco sul mare "col piccolo, misterioso teatro greco e la spiaggia a forma di una mano con le dita rosa". Un triplice omicidio è avvenuto - un giovane dongiovanni che viveva al di sopra dei suoi mezzi apparenti, due anziani pensionati seppelliti in casa che improvvisamente decidono una gita a Tindari. Li collega, sembra, solo un condominio. Ma Montalbano ha una maledizione, sa leggere i segni che provengono dall'antichissimo che vive nel modernissimo continente Sicilia: lo aiutano un vecchio ulivo contorto, la sua squadra, la svedese Ingrid, un libro di Conrad, e un Innominato senza pentimento. La gita a Tindari, assai più di un semplice giallo (come sempre con Camilleri), ha la felicità e la facilità della commedia. Come se il processo ideativo e fantastico iniziasse - così credeva Aristotele - dall'occhio, dalla vista. Si apre una quinta e spunta un personaggio con una scansione perfetta dei tempi, e ciascuno ha un carattere che lo fa uscire, vivido e completo, dal fondale: e non solo i personaggi principali, ma anche la vicina che compare una volta sola, i vecchietti della gita, i picciotti di guardia al boss, gli avventori del ristorante. E al di là del fascino della lingua, della consonanza con l'universo metaforico siciliano, della suggestione dell'intreccio, ogni pagina offre un momento di divertimento letterario.

La gita a Tindari (La memoria)

lunedì 11 aprile 2011

A. Schnitzler - La signorina Else [1924]


Nell’opera di Schnitzler, La signorina Else è un’aria mirabile, che continua a suonare nell’orecchio di chi l’ha sentita anche una sola volta. Fin dalle prime battute, e poi sempre più trascinati sino alla fine, avvertiamo il battito tumultuante del sangue e delle parole che circolano nella testa di Else, l’adolescente «altera», vivida e appassionata. Incombe su di lei, sulle sue nervose vacanze alpine, una catastrofe familiare. E la madre stessa, con il tono mellifluo e patetico che si conviene alla stregoneria familiare, la invita a vendersi per salvare la famiglia. Tutto il testo di Schnitzler è nella reazione di Else a questa richiesta, vissuta prima come premonizione, quando la lettera della madre non è ancora aperta, e poi come sfida, una sfida mortale. Mai forse un altro narratore moderno era riuscito a fondere il monologo interiore, la fantasticheria, l’azione e il dialogo (e perfino la musica, nella scena culminante) in una simile intimità, dove ogni elemento è il fremente rovescio dell’altro. Non meno di Molly Bloom, Else si offre a noi dall’interno nelle sue minime oscillazioni psichiche, che qui affiorano con quella velocità mentale che la prosa quasi mai riesce a catturare. Ma – e questo è il più azzardato, il più felice artificio di Schnitzler – al tempo stesso la contempliamo dall’esterno e la sua presenza si impone a noi come quella di un’antica eroina. La signorina Else fu pubblicato per la prima volta nel 1924.

La signorina Else (Piccola biblioteca Adelphi)

domenica 3 aprile 2011

A. Schnitzler - Fuga nelle tenebre [1931]


Nella Fuga nelle tenebre, che fu pubblicata nel 1931, poco prima della morte dell’autore (ma la stesura originaria è degli anni 1912-1917), Schnitzler raggiunge la massima intensità di narratore. La storia è quella della graduale, consequenziale germinazione di un delirio. Qui il racconto non è, come sempre in Schnitzler, cosparso di accenni al fondo oscuro della psiche, ma in certo modo costringe quel fondo ad apparire in primo piano, sotto una luce fredda e limpida. Insediati all’interno della psiche del protagonista, assistiamo al primo infiltrarsi in essa di una serie di presentimenti e ammonimenti, che subito fanno oscillare tutta la realtà, gettandola in un’incertezza simile a quella dei sogni. Poi, in una progressione sempre più angosciosa, ci accorgiamo che ormai una rete di ossessioni si è posata sul mondo. A poco a poco, le sue maglie si stringono crudelmente e tutto ciò che avviene converge verso un unico punto di fuga: le tenebre. Come i cinque casi clinici di Freud appartengono, oltre che ai testi classici della psicoanalisi, alla grande letteratura del nostro secolo – sicché Dora e l’Uomo dei lupi e il piccolo Hans si sono ormai allineati accanto ai personaggi di Balzac e di Dostoevskij – così questo stupendo racconto di Schnitzler va anche letto come un’analisi dell’insorgere di un delirio ossessivo, sbalorditiva per la sua nettezza, illuminante in ogni particolare, avvicinabile solo ai grandi testi di Freud. E la figura di Freud stesso sembrerebbe qui adombrata in uno dei personaggi: il dottor Leinbach, «spettatore molesto e filosofo».

Fuga nelle tenebre (Piccola biblioteca Adelphi)