martedì 15 febbraio 2011

W. Faulkner - Il borgo [1940]


Il Gomito del Francese è un territorio venti miglia a sud-est di Jefferson, Missouri, spartito «in tanti piccoli poderi ipotecati e miserabili», con il cotone a fondovalle e il granturco sulle alture. Dominus del luogo è Will Varner, il latifondista-usuraio dagli «occhietti duri e lustri», proprietario della scuola, della chiesa, dell’emporio e di una trentina di case. E sue emanazioni o ramificazioni sembrano tutti coloro che lo circondano: dal figlio Jody, florido tiroideo chiuso in un’«inviolabile aria di celibato», alla dionisiaca figlia Eula, che alla bellezza e all’eleganza unisce una «violenta e immune perversità», dai fittavoli al maestro di scuola, dal fabbro al piazzista di macchine da cucire. Ma l’equilibrio di questo microcosmo – fra semine e rimondature, battesimi e cantate – è nutrito dalla spietatezza di pulsioni elementari: sesso, denaro, aggressività.E ancora una volta William Faulkner ci attira in un flusso narrativo dove la magistrale rappresentazione storica (nessuno sa restituire come lui l’antropologia del Sud americano negli anni che seguono la Depressione) si intreccia con la dimensione mitico-naturalistica, in un ordito di formidabile potenza – quell’arcana potenza che è l’inconfondibile marchio del grande scrittore.

Il borgo (Biblioteca Adelphi)

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