lunedì 28 febbraio 2011

A. Camilleri - Il birraio di Preston [1995]


Si capisce, leggendo Camilleri, che il suo piacere letterario maggiore, raccontando vicende della provincia siciliana (fatti veri su cui trama e ordisce la finzione, e quindi in sé semplici se non fossero intricate dall'essere appunto siciliane), è quello di riportare il dialogo vivo. È un piacere che si comunica immediatamente al lettore, per la particolare forza comica dell'arte di Camilleri; ma assieme al piacere, poiché il linguaggio è la casa dell'essere, e con la stessa forza e immediatezza si comunica una specie di nucleo di verità dell'essere siciliano. L'iperbole e il paradosso della battuta, cui corrispondono l'amara coscienza dell'assurdo in cui siamo e il dolore sordo dell'immutabilità di questa condizione. Camilleri inventa poco delle vicende che trasforma sulla pagina in vorticosi caroselli di persone e fatti - qui il fatto vero, conosciuto dalla celebre Inchiesta sulla condizioni della Sicilia del 1875-76, è il susseguirsi di intrighi, delitti e tumulti seguiti alla incomprensibile determinazione del prefetto di Caltanissetta, il toscano Bortuzzi, di inaugurare il teatro di Caltanissetta con una sconosciuta opera lirica, Il birraio di Preston. E anche in questo attenersi al fondo di verità storica c'è probabilmente un senso preciso: in Sicilia non serve attendere che la storia si ripeta per avere la farsa. La storia, per i siciliani, si presenta subito, al suo primo apparire, con la smorfia violenta e assurda della farsa.

Il birraio di Preston (La memoria)

domenica 27 febbraio 2011

LC - Meter #8

Riporto la foto della realizzazione di Capaso LC Meter di Stefano: il montaggio nel contenitore è un po' spartano, ma il funzionamento è comunque garantito e soddisfacente.

domenica 20 febbraio 2011

J. Fante - Una moglie per Dino Rossi [1940]


E' questa la seconda stagione letteraria di John Fante in Italia. Una prima si ebbe tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta, quando su riviste comparvero suoi racconti e, soprattutto, la collezione della Medusa pubblicò i suoi due più noti romanzi, "Il cammino nella polvere", nella traduzione di Vittorini, e "Aspettiamo primavera, Bandini". Poi il silenzio, cui corrispondeva in America l'oblio di Fante, assorbito dalla carriera di sceneggiatore hollywoodiano, fino alla 'riscoperta' da parte di Charles Bukowski e il nuovo romanzo "Dreams from Bunker Hill", nell'82, un anno prima della morte. Del mito dell'America, che Vittorini coltivò, Fante rappresentava la parte italiana, della seconda generazione di immigrati; e di questa letteratura, da massimo esponente, il versante forse più ironico e sognante, ma sempre 'dalla strada'. Ne presentiamo tre saggi, tre racconti dalla raccolta "Dago Red" (1940). E ci sembrano non smentire una discendenza che William Saroyan rintracciò da Mark Twain: per il modo di trattare giochi e drammi di ragazzi, di inscenare rudezze e sentimenti, angosce e comicità nella comunità italiana d'America. 

Una moglie per Dino Rossi (La memoria)

venerdì 18 febbraio 2011

J.K. Galbraith - L'economia della truffa [2004]


John Galbraith, collaboratore di Roosevelt ai tempi del New Deal, consigliere economico e amico di John F. Kennedy e allievo di Keynes, affronta in questo saggio il tema della truffa "fisiologica" che è ormai penetrata nell'economia legale. Il terreno d'elezione di quella che Galbraith definisce "frode innocente" - perché ormai accettata sia da chi la compie sia da chi la subisce - sono le grandi corporation, che appartengono alla massa degli azionisti, ma in pratica sono governate esclusivamente dai manager, che deformano a loro vantaggio le regole della gestione aziendale. Quelle che vengono presentate come leggi dell'economia in realtà sono convenzioni plasmate dagli interessi in gioco.

L'economia della truffa. I limiti dell'economia globale, la storia di una crisi annunciata (Saggi)

giovedì 17 febbraio 2011

Ben Ormenese

Sebbene sia un artista schivo e riservato, lontano dai frastuoni, talvolta sclerotizzati, della cultura contemporanea, Ben Ormenese nel corso della sua lunga carriera ha sempre lavorato incessantemente, dedicando tutta la sua vita all'arte. Uomo raffinato e colto, ha prodotto sculture,  pitture e “pitto-sculture” per mezzo delle quali, grazie alla sua duttilità, alla sua capacità tecnica e all'utilizzo delle più disparate tipologie di colori e materiali (legno, cartone, lamelle, perspex e altro) ha sondato e percorso le tematiche dell'arte che più lo hanno coinvolto. Spiccano, tra le altre, il dinamismo, il luminismo, gli effetti della luce da e verso l'opera, il cromatismo dei pigmenti, le relazioni tra seconda e terza dimensione, il rapporto pieno vuoto, il plasticismo.Ricercatore fantasioso, arguto, complesso ed instancabile, sempre proteso all'oltre, Ormenese nel corso della sua attività intellettuale ha sempre mantenuto ferme alcune modalità, provenienti sia dalle sue innate capacità sia dal suo pregresso biografico, le quali lo hanno sempre contraddistinto: prima di tutto la progettualità, intesa come studio sulle possibilità di attuazione e di esecuzione; la versatilità, necessaria per le compenetrazioni tra tecniche e materiali; l'armonia, intesa come accordo di ritmo delle tensioni generate dai colori, dalle linee, dalle forme e dai materiali che compongono i vari elementi della creazione; il rimando ad una geometricità architettonica percepita come metodo sistematico per la costruzione formale e strutturale dell'opera; l'estremo equilibrio, interpretato come assetto organico di un organismo unico, derivante dalla compensazione delle singole peculiarità interne; i dialoghi artificiosamente naturali che l'opera  costruisce all'interno di se stessa e con lo spazio che la circonda. L'opera d'arte dunque in Ormense non è un luogo dove si sostanzia un soggetto, ma è il soggetto vero e proprio, nel quale i rapporti tra spazio, luce, forma e struttura sono da un lato pretesto per l'analisi, dall'altro, mezzi necessari alla costruzione del costrutto stesso. Tali modalità operative danno luogo a veri e propri cicli di esperimenti nei quali Ormernse indaga un determinato tema in modo analitico sino a che quest'ultimo non lo soddisfa, come testimoniano le serie di “Fluttuazioni” e “Teatrini”. Proprio uno di questi percorsi tematici è il fulcro sul quale verte la presente mostra a Marcon, in contemporanea con l'esposizione antologica presso i Musei Civici di Santa Caterina a Treviso, dal 13 novembre 2010. Le opere esposte, sempre intrise di euritmie bilanciate e proporzionate, se interpretate in metafora, si trasformano in una narrazione ad intreccio dalla quale emerge non una sola storia ma un insieme di vicende soggettive ed oggettive che coesistono nei medesimi spazi e tempi. Tale coralità, espandendosi dal racconto perché privo di un inizio e di una fine, permette all'osservatore una lettura capace di gradare dall'insieme al particolare e viceversa, e perciò di divenire padrone del proprio percorso visivo ed interpretativo. Per dar vita alle sue originali creazioni, Ormenese affianca a questa particolare tipologia narrativa l'utilizzo di un eclettico strumento di scrittura: il bisturi. Quest'ultimo, nella mano del maestro, muovendosi con perizia chirurgica, incide, riga e strappa il supporto nero, facendo emergere materiale sottostante di diversa pigmentazione. Questa “calligrafia” talvolta dai tratti calcografici e talora scultorei, rende possibile la creazione di forme e di figure composte da un colore solido teso ad esaltare il dato espressivo dello “scritto”e perciò renderlo ancora più coinvolgente agli occhi dell'osservatore. 

Siro Perin

martedì 15 febbraio 2011

W. Faulkner - Il borgo [1940]


Il Gomito del Francese è un territorio venti miglia a sud-est di Jefferson, Missouri, spartito «in tanti piccoli poderi ipotecati e miserabili», con il cotone a fondovalle e il granturco sulle alture. Dominus del luogo è Will Varner, il latifondista-usuraio dagli «occhietti duri e lustri», proprietario della scuola, della chiesa, dell’emporio e di una trentina di case. E sue emanazioni o ramificazioni sembrano tutti coloro che lo circondano: dal figlio Jody, florido tiroideo chiuso in un’«inviolabile aria di celibato», alla dionisiaca figlia Eula, che alla bellezza e all’eleganza unisce una «violenta e immune perversità», dai fittavoli al maestro di scuola, dal fabbro al piazzista di macchine da cucire. Ma l’equilibrio di questo microcosmo – fra semine e rimondature, battesimi e cantate – è nutrito dalla spietatezza di pulsioni elementari: sesso, denaro, aggressività.E ancora una volta William Faulkner ci attira in un flusso narrativo dove la magistrale rappresentazione storica (nessuno sa restituire come lui l’antropologia del Sud americano negli anni che seguono la Depressione) si intreccia con la dimensione mitico-naturalistica, in un ordito di formidabile potenza – quell’arcana potenza che è l’inconfondibile marchio del grande scrittore.

Il borgo (Biblioteca Adelphi)

sabato 12 febbraio 2011

Paper Model - Nissan R390 GT1

Posto con soddisfazione alcune foto dell'ultimo elemento della Scuderia del Capaso: questo bel modello di Nissan R390 GT1 che ha gareggiato nelle 24h di Le Mans. Il papermodel ritrae l'originale in scala 1:24 e risulta lungo circa 25cm, sono solamente 3 fogli A4 ed il montaggio non comporta particolari difficoltà. Rispetto al progetto originale ho aggiunto solamente gli specchietti e l'antennina. I disegni sono scaricabili direttamente dal sito della Nissan e anche Wikipedia dedica un topic a questa autovettura. Con dei ritagli di stampe di vari materiali ho realizzato un bel piedistallo per ospitare ed esporre il modello. 















lunedì 7 febbraio 2011

A. Camilleri - Il ladro di merendine [1996]


Dopo "La forma dell'acqua" e "Il cane di terracotta" questo è il terzo "giallo" di Andrea Camilleri ad avere come protagonista Salvo Montalbano, il commissario di stanza a Vigàta, "il centro più inventato della Sicilia più tipica". Questa volta Montalbano - preoccupato peraltro di evitare la promozione a vicequestore, che significherebbe compromissione burocratica e rinuncia ai propri capricci investigativi - sospetta l'esistenza di un collegamento tra due morti violente: quella di un tunisino imbarcato su di un motopeschereccio di Mazara del Vallo e quella di un commerciante di Vigàta accoltellato dentro un ascensore. Per Camilleri la Sicilia di oggi è fonte continua di ispirazione e di scoperta, di intrecci di romanzo poliziesco e di osservazioni su di un costume magari inquietante ma certamente non statico; soprattutto gli suggerisce un linguaggio, una parlata mai banale né risaputa. Tutto il contrario delle metafore viete e irritanti adoperate dagli uomini dei servizi segreti con i quali Montalbano si trova a scontrarsi duramente: figure retoriche sempre più incapaci di reggere il discorso della "ragion di stato" quando ormai, come osserva il nostro commissario, "praticamente serviamo due stati diversi".

Il ladro di merendine (La memoria)